lunedì 30 marzo 2015

LA MAGNIFICA FUNZIONE DELLE RICETTE


Sono appassionata di mercatini di cose vecchie, quelli veraci però, dove gli oggetti sono ammucchiati in allegro disordine e ancora puoi trovarci di tutto, o quasi.
Fra le altre cose vado cercando quaderni di ricette in forma originale, di quelli scritti di pugno dalle massaie di un tempo, ma non è facile. Bisogna essere fortunati, chi li ha tende a conservarli questi scrigni di famiglia, ritenuti quasi più preziosi delle fedi nuziali!

Tuttavia, rovistando fra le scatole di carte miste mi capita di imbattermi in fogli volanti che riportano ricette scritte a mano, magari in modo frettoloso e essenziale, che mi fanno pensare ai fugaci incontri/scambi fra donne intente a fare la spesa...
Trovo anche missive in cui le ricette vengono calate all'interno di una comunicazione, fra un saluto, un messaggio affettuoso... come la lettera che Giustina ha inviato (chissà in quale anno, in un italiano stentato) alla sorella Palmira "avevi detto che avevi piacere imparare a fare il caffè in liquore" e dopo averle descritto i passaggi della ricetta si abbandona a un pensiero affettuoso per la nipotina "la Delfina se vuoi lasciarci fare un sognetto lascia che lo faccia perché il viaggio è lungo e si straccherà"...




Un tempo la  trasmissione di una ricetta diventava un motivo per comunicare e al contempo un affidare con cura qualcosa a cui si teneva, per il piacere di condividere.
Recentemente la mia amica Betta di Scortichino (FE), acuta e appassionata cuoca, entusiasta sperimentatrice di ricette, mi ha fatto notare una triste pratica purtroppo diffusa ai giorni nostri. Quella di fornire ricette incomplete: mancanti di qualche ingrediente o troppo vaghe nella spiegazione dei diversi passaggi.
Mi ha raccontato di una torta squisita che lei e un'amica avevano assaggiato. Ottenuta la ricetta l'hanno provata entrambe per un totale di tre volte: quella torta non è mai riuscita.
Restituiamo alle ricette la magnifica funzione di far felici altre persone!
Hai ragione, Betta, tu che sei il vero piacere dell'accoglienza e della condivisione.

Simona Vitali


giovedì 26 marzo 2015

MMM... CHE BUONO IL BÉL E CÒT BURGER!

La Romagna mi ha riservato una bella sorpresa. Russi in particolare, un vivace e attivo comune della provincia di Ravenna, mi ha fatto scoprire la sua specialità: il Bél e còt, ‘parente nobile’ del più conosciuto cotechino.
Il Bél e còt burger dello chef Daniele Baruzzi
Ho addentato con gusto il Bél e còt burger, sfiziosissima idea dello chef Daniele Baruzzi dell’Insolito Ristorante, una perla di locale che a Russi non ti aspetti; un apetizer, preludio ad un menu tematico ideato dallo chef in occasione dell’annuale Festa Mercato dei salumi cotti.
Che buono, che buono il Bél e còt burger! 
Mi ha appassionato sentire narrare la storia di questo, a me sconosciuto, insaccato ad opera di Emilio Antonellini, delegato onorario della sezione ravennate dell’Accademia Italiana della Cucina e co-fautore del disciplinare del Bél e còt. In lui ho carpito l'orgoglio di chi è riuscito finalmente a far mettere nero su bianco l'unicità di questo salume.
Il Bél e còt nasce da un'antica tradizione dei macellai russiani e viene prodotto con una selezione di muscoli di maiale e cotenna di pancia. La tradizione vuole una lunga e sapiente cottura (dalle tre alle quattro ore) in enormi paioli, al fine di esaltarne l’inciac (la percepibile collosità).Che buono, che buono il Bél e còt burger!
Lo si celebra particolarmente in occasione della Fîra d'i sett dulür (Fiera dei sette dolori), dove viene venduto già cotto (da qui il nome di il Bél e còt).
È proprio vero che ogni campanile d’Italia riserva qualche inaspettata sorpresa gastronomica, come in questo caso, in cui da un insaccato emergono tradizione e modernità di un intero territorio.

Simona Vitali

lunedì 23 marzo 2015

E’VVIVA Andrea e Franco, portatori sani di valori

Si sono incontrati sulla strada dei valori. E che strada!

Franco Aliberti e Andrea Muccioli
Sono stati impegnati entrambi a diverso titolo nel sistema San Patrignano, un modello che mi commuove ogni volta che ci penso o che lo esperisco, con una cena in loco o l'acquisto di qualche prodotto artigianale lì concepito.
E qui il pensiero corre diretto a quel tenace grande uomo coi baffi, Vincenzo Muccioli, che a quella comunità ha dato forma. E l'ha amata, facendone un modello che ancora oggi non ha pari.
Andrea Muccioli, che dal padre ha preso il testimone, e Franco Aliberti, cresciuto fra i mostri sacri della cucina, che al ristorante Vite di San Patrignano ha dato un importante apporto, si sono incontrati proprio lì e lì hanno capito di avere una visione in comune.
Sensibili entrambi al concetto di scarto zero in cucina, cosa non semplice considerando quanto viene solitamente scartato con molto spreco, diversamente dalla pasticceria dove tutto è ponderato in maniera precisa, hanno deciso di aprire una strada in questa direzione:  E'VVIVA dolci e cucina a scarto zero.
E’VVIVA ti prende innanzitutto per l'atmosfera che ti avvolge quando solo varchi la soglia del cortile. Pur affacciandosi su una delle vie più animate di gente a passeggio, nella vivace Riccione, 

La squadra di E'vviva
E’VVIVA appare come una bolla sospesa,  un piccolo mondo a sé. Sarà per la posizione di nicchia, sarà per gli arredi intriganti e gli accorgimenti che si fanno scoprire come in una caccia al tesoro, o per il curioso menù che contempla l'intelligente mezza porzione...sta di fatto che E’VVIVA ti fa volare via.
Poco importa se l'approccio è per l'acquisto di un sacchetto di pane di quello giusto, una golosa colazione , un merenda, un aperitivo o una cena. Qui tutto questo è possibile.
Ho vissuto la cena nel cortiletto, a bordo orticello, e il giorno successivo ho rinunciato alla colazione in hotel per potere gustarmela lì. Nella quiete e fra le cose buone io sto molto bene. È come se ci fosse tutto.


Ma la ciliegina sulla torta, che mi ha fatto tornare qualche conto "di senso", sta nell' impegno che Andrea e Franco si sono presi nell'ospitare ogni anno tre ragazzi, tra i 16 e i 22 anni, che stiano attraversando un momento di poca chiarezza di percorso, sia a livello scolastico che psicologico, per calarli nella loro esperienza lavorativa ed umana.
E’VVIVA Andrea e Franco, portatori sani di valori.
Hanno deciso di spargere questo polline nel mondo. Ne abbiamo un gran bisogno, qua fuori.

Simona Vitali

E’vviva
Viale Gramsci, 31
Riccione
Tel. 0541 694098
www.evvivariccione.it

giovedì 19 marzo 2015

TORTA DI PATATE DELLA MIA TRISNONNA MONTANARA


La mia nonna materna, Rosetta, mi sorprende spesso con i suoi 85 anni per la vivacità mentale e la memoria vivida di ciò che ha abitato la sua infanzia.
A volte racconta, a volte mette per iscritto il suo vissuto con una dovizia tale di particolari a cui ancora non mi sono abituata. Sorprendente.
Capita che mi parli oltre che di sua madre anche della sua nonna Maria, dalla quale andava a trascorrere le vacanze estive da scolaretta.
Questa mia trisnonna montanara, che abitava nell'Appennino parmense in quel di Solignano, faceva una speciale torta di patate, in particolare per San Lorenzo, la sagra del paese.
Questa ricetta è l'esempio del miracolo che le cuoche di un tempo riuscivano a compiere frequentemente, cucinando cibi gustosi pur nella semplicità o povertà dei prodotti che avevano a disposizione.
La regola era: il poco, che la creatività e la fantasia sapevano trasformare in tanto.
Mia nonna ricorda la fragranza di questa torta e per fortuna conserva ancora la ricetta, fra la pagine ingiallite del ricettario di sua madre.

Ingredienti
un Kg. di patate
250 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
due porri
olio e burro per rosolare il sugo
un cucchiaio di salsa triplo concentrato
due uova intere
sale q.b.
Per la pasta:
300 g di farina
u
n cucchiaio di olio
acqua per stemperarla
un pizzico di sale

Esecuzione
Cuocere le patate con la buccia, pelarle, schiacciarle. Tagliare a rondelle i porri e rosolarli in padella con olio e burro. Quando diventano biondi, aggiungere la salsa e poca acqua. Unire i porri rosolati alle patate, aggiungendo l'uovo, il formaggio grattugiato e regolare di sale. Stemperare la farina con un cucchiaio d'olio, l'acqua e poco sale. L'impasto deve risultare morbido ed elastico. Imburrare e infarinare una teglia rettangolare, rivestirla con la pasta tenendo i bordi alti. Bucherellare il fondo con una forchetta. Versare il ripieno di patate, livellarlo. Ricoprire con un uovo sbattuto. Cuocere in forno caldo a 180° per 30 minuti. Servire la torta tiepida.



lunedì 16 marzo 2015

IL CROCCANTE DI FIUMALBO, AUTENTICA PASSIONE


Carlo Alberto e il fratello Marino sono cresciuti con il mito del croccante di Claudio Ladurini, il pasticcere della loro magica Fiumalbo, gioiello di storia e d'arte, nel modenese.
È scalfito nella loro memoria il ricordo e l'emozione infantile di quando festosi si recavano alla pasticceria pregustando la scorpacciata di croccante che avrebbero fatto da lì a poco. E questo appuntamento goloso si è ripetuto per tanti anni finché, ormai grandi, il pasticcere non ha ritenuto di  far loro dono della ricetta originale, l'antica ricetta che connota la tradizione di Fiumalbo.


Può ben essere immaginabile il turbinio di incredulità, commozione frammista a ricordi e gioia allo stato puro che ha pervaso i due fratelli. Un pezzo di storia della loro terra era stato affidato alle loro mani per essere mantenuto in vita. Un onore e una bella responsabilità.
La ricetta ha segnato l'inizio di un progetto ambizioso: onorare una tradizione centenaria (pare che già venisse servita alla mensa del Governatore nell'antico Frignano) e portare il croccante, e relative tradizione e cultura locali,  all'attenzione di chi Fiumalbo non lo conosce.
Due anni fa è nata così Dolci Delizie San Rocco, ad opera di Carlo Alberto e Marino Belfiori, coadiuvati da Ludmila Guastol, che insieme non arrivano nemmeno a un secolo di età anagrafica! 
Carlo Alberto Belfiori

Ne parlo volentieri perché la giovane imprenditorialità mi è cara: ha in sé tutta l'energia e la sfrontatezza che fa osare.
Il prodotto è da gourmet. Ingredienti semplici e genuini. Dalla base classica con la mandorla si passa alla nocciola o al pistacchio di Bronte. Ora stanno iniziando le prime interazioni interessanti con un'importante azienda di cioccolato. Le idee sono chiare: boutique gastronomiche, gelaterie e ristorazione. Una giusta ambizione, per un simile prodotto il cui solo neo è quello di essere talmente buono da non riuscire facilmente a darsi un limite. Un pezzo tira l'altro.
Ho incontrato Carlo Alberto insieme a Sara, la sua ragazza, a Lazise in occasione di Anteprima Chiaretto Bardolino, fra una ristretta e selezionata cerchia di produttori di  qualità. Il richiamo è stato certamente quel croccante da me già conosciuto (l'ho scoperto in occasione delle feste natalizie) e due visi solari, invitanti. È stato naturale fermarmi a chiacchierare.
Capito lo spessore di ciò che ci stava sotto ho chiesto loro il motivo di questo legame alla tradizione, essendo spesso i giovani disinteressati a questo argomento. Mi hanno risposto accoratamente che Fiumalbo crea una passione dentro le persone, ti avvolge della storia e dell'arte di cui è permeato:"ne hanno fatto addirittura soggetto di un francobollo", raccontano. 
E a proposito della mia richiesta circa la sua prima gioia per questo mestiere,  Carlo Alberto non ha dubbi nell'indicare  il momento in cui ha iniziato ad uscire dai confini del suo territorio. Straordinaria questa storia, straordinari questi ragazzi!
È proprio vero che la vita è come una scatola di cioccolatini (Forrest Gump docet): non sai mai quello che ti capita. Magari un croccante anziché un cioccolatino!

Simona Vitali

mercoledì 11 marzo 2015

LA MIA TERRA

La mia terra sa di Parmigiano Reggiano, ne è intrisa. E io con lei.
I luoghi connotano i palati, ma quando i prodotti sono straordinariamente buoni il pensiero si fa comune, universale, e la contaminazione è a oltranza, senza limiti territoriali.
Fra tutti gli eccellenti prodotti che danno lustro alla mia terra questo è quello che consumo più avidamente. A volte ne abuso anche!
La mia dispensa non è mai sprovvista di una punta di Parmigiano Reggiano, molto presente nei miei piatti. Ma il momento in cui lo gusto appieno è certamente prima dei pasti quando mi concedo scaglie rubate alle pietanze che sto preparando. Da solo è perfetto, con qualche goccia di aceto balsamico tradizionale un lusso. La straordinarietà di questo formaggio emerge nei piccoli abbinamenti, minimali, perché già di suo è pienezza.


La storia dice che il Parmigiano Reggiano ha nove secoli di vita e la mia personale memoria lo colloca a ritroso di 30 anni quando ho iniziato a prendere confidenza con questo prodotto. Il suo sapore per me è quello indimenticabile dei miei giorni bravi quando, insieme ad alcuni amici, si faceva la spedizione al vicino caseificio, prima in forma di timida apparizione, nascosti a spiare dietro un cespuglio, poi da piccoli ospiti quasi attesi. E tra una battuta e l'altra ci veniva avanzato qualche piccolo assaggio con relativo invito a prestare attenzione alle differenze fra ciò che si stava mettendo in bocca, una primordiale forma di educazione al gusto. Ricordo ancora come cercavamo di entrare nella parte in modo serio, sentendoci come investiti di un piccolo ma importante ruolo.


Poi è arrivata l'età dei perché più approfonditi, delle visite scolastiche al caseificio e della presa di coscienza della complessità di un processo straordinariamente uguale a se stesso attraverso secoli e secoli. E più di tutto, in maniera crescente nel corso degli anni, ha cominciato a farsi strada uno sguardo di speciale ammirazione nei confronti di chi rende possibile tutto questo: i Maestri Casari, che, con il loro plasmare quotidianamente forme, si fanno garanti di un rito che è innanzitutto sapienza.
Ode ai Maestri casari, detentori dei segreti di un oro granitico che vale tutte le loro fatiche!

Simona Vitali

sabato 7 marzo 2015

L’INSEGNAMENTO DI IGINIO MASSARI

L'Italia ha scoperto Iginio Massari. Un processo mediatico recente gli ha puntato i riflettori addosso. Ma lui grande lo è da tanti anni, indiscutibilmente, nell'ambiente.
Me lo immagino, in alcuni momenti, basito, a chiedersi che scherzo sia questo, dato che la sua professionalità e il suo valore sono sempre stati quelli, eccelsi, come attestano gli oltre 300 importanti riconoscimenti che ha collezionato sino ad ora.
Ma poi, rimanendo nelle sue vesti di sempre, si ritrova con il suo proverbiale aplomb a dire che ogni premio, ogni riconoscimento, ha un valore perché significa che la gente lo ricorda.
E questo la dice lunga di lui.
L'ho ascoltato recentemente a quello che doveva essere uno show cooking, in occasione di un evento, in realtà mi è parso di partecipare a una lectio magistralis.
Ho assimilato, come sospesa, l'argomentare con cui ha arricchito la preparazione della ricetta, desiderando che quel momento durasse il più a lungo possibile, perché ricco di cultura e sentimento.
Ne è emersa una splendida concezione di mestiere - "chi ha il mestiere è sempre ricco" - e la raccomandazione di averne cura. Da qui l'estrema serietà nel calarsi nel ruolo, con il rigore scientifico che la pasticceria richiede (sono davvero pochi quelli che conoscono la perfezione tecnica).
“Ma tutti gli sforzi - ha rimarcato il Maestro - devono essere protesi a realizzare un dolce che regali il massimo del godimento, un’emozione”.
Splendido il passaggio in cui ha collegato il dolce all'infanzia, al premio della mamma e della nonna. E qui è emersa inevitabilmente la tenerezza che Massari porta in sé.
Terminata la lezione mi sono avvicinata a lui e l'ho portato con la memoria a Lione, al Campionato Mondiale di pasticceria che personalmente mi ha emozionato tantissimo,  facendo emergere in me sentimento patriottico e l'orgoglio di essere italiana.
Ho chiesto a lui, presidente onorario della giuria (per la prima volta ceduta a uno straniero), cos'ha provato. Senza esitazione mi ha risposto che l'emozione è arrivata al momento della premiazione (ha vinto l'Italia!) ma è riuscito a contenersi.
“Se parlo se ne accorgono perché mi trema la voce, se non parlo e fisso un punto me la cavo. E così ho fatto" ha confidato il Maestro.
Cosa penso di Iginio Massari?
Penso che il suo spessore non faccia tendenza, ma cultura e anche opinione.
Parla con estrema chiarezza, rende semplice quel che è complesso, e avanza pareri coraggiosi, non sempre in linea col pensiero corrente. Lui non ha paura!

Simona Vitali

Pasticceria Veneto
Via Salvo D’ Acquisto, 8
25128 Brescia 
Tel. 030 392586
www.iginiomassari.it

venerdì 6 marzo 2015

IN SALA CON PASSIONE



Tutto è cominciato dall'apprezzamento che ho rivolto al responsabile di sala  per l'originale mise en place del tavolo... "Ogni settimana ne realizzo una diversa. Me la sogno persino di notte!"
Alzo lo sguardo per vedere che volto ha quell'entusiasmo. Carnagione bianco latte e fluenti capelli dorati, giovanissimo, non arriva a 30 anni.
Annuisco in segno di apprezzamento e lui  aggiunge "basta che ti piaccia quello che fai", come a dire che quando qualcosa ti appassiona è naturale fare così.
Questo il mio primo approccio con Roman Dragutan, responsabile di sala e sommelier della Locanda Liuzzi di Cattolica.
Per tutta la sera non lo perdo di vista, lo seguo con lo sguardo nel suo muoversi fra i tavoli e la cucina con stile e disinvoltura, ascolto il suo racconto, carico di pathos, di vini e di piatti. Te li fa pregustare.
Nel salutare il patron, Raffaele Liuzzi, al termine della serata, non riesco a non citare Roman, giovanissima promessa che ha fatto breccia su di me. Ne esce un orgoglioso "me lo sono cresciuto io", lui che con l'esempio dei grandi Maestri ci è cresciuto e che approccia ai suoi ragazzi con la stessa modalità, il quotidiano eloquente esempio.
E ancora una volta, con la sua intuizione e lungimiranza, ci ha visto bene.
D' altronde, precisa, la sua brigata è per lui ispirazione. Il rapporto con i collaboratori funziona se questi lo emozionano, lo sorprendono, non se si adeguano a lui. E pure se gli portano in cucina lo spaccato di mondo che rappresentano. Ciascuno di loro infatti ha una diversa provenienza geografica. Tutti insieme contribuiscono ad una visione di più ampio respiro e ad un innesto di energie nuove perché il vulcano rimanga attivo.
Un'esperienza. Umana innanzitutto, sublimata dall'estro di senso, il giusto osare, che è quanto di meglio uno chef innovativo possa esprimere. Ma quando c’è profonda conoscenza e curiosità dell' umano tutto questo si può.
Simona Vitali


LocandaLiuzzi
Via Fiume, 1
47841 Cattolica
(RN)
Tel. 0541 830100
www.locandaliuzzi.com

martedì 3 marzo 2015

IL BUON INIZIO

Quando il tempo me lo permette, il sabato prendo la strada per Cremona.
Questa città deliziosa in realtà la associo a una specialità che trovo solo qui e per cui vengo appositamente qui. Si tratta di piccole crostatine all'amarena della storica e fascinosa Pasticceria Lanfranchi.
Il connubio di una speciale pasta frolla biscottata e di un'amarena, la cui lavorazione è interamente al naturale, così come l’impegnativo processo di conservazione, che veramente mi inebriano. Qui trovo un'armonia di sapori che è semplicemente fragranza.
Me ne faccio preparare un sacchettino da passeggio per il subito e un generoso cabaret per la colazione dei giorni successivi. Lo so già, saranno buoni inizi di giornata!

Simona Vitali

Le crostatine all'amarena della Pasticceria Lanfranchi


Pasticceria Lanfranchi
Via Solferino, 30
Cremona
Tel. 0372 28743
www.pasticcerialanfranchi.it

lunedì 2 marzo 2015

DECIDE IL MERCATO

“A volte non ho idea di quali piatti cucinerò per il pranzo di mezzogiorno: decide il mercato. Ed è questo, penso, che fa la buona cucina”. Così Paul Bocuse, maestro indiscusso di generazioni di cuochi in ogni parte del mondo, ha nobilitato e reso attuale l'antica pratica di ispirarsi a cosa offre il mercato per realizzare il proprio menù di ogni giorno.
Tutte le mattine andava al mercato a scegliere i migliori prodotti, perché la buona riuscita del piatto, ne era convinto, sarebbe partita proprio da lì, affermando: “Tutte le ricette, semplici o complicate, riusciranno solo nella misura in cui chi le esegue saprà riconoscere e acquistare al mercato della sua città o del suo paese, i prodotti necessari per la preparazione dei relativi piatti”.
Non a caso infatti la sua Lione gli ha voluto intestare un mercato coperto sorto negli anni '60 e recentemente ristrutturato. Halles de Lyon- Paul Bocuse è divenuto il più rinomato mercato coperto fra quelli presenti nella capitale gastronomica della Francia.
Ti accoglie una variegata distesa di banchi a tema con una ricca e magistrale esposizione di prodotti che pagano innanzitutto la vista.


A farla da padrone sono formaggi, foie gras, vini, cioccolato di alta pasticceria, pan brioche e specialità lionesi come quenelle, salade lyonnaise, graton, poulet fermier...
Irresistibili tentazioni che possono trovare immediato appagamento attraverso assaggi e degustazioni in loco.
Non è necessario che sia l'ora dell'aperitivo, il momento è sempre quello giusto!

Ciò che più mi affascina e colpisce lì dentro è il concentrato di belle professionalità dietro il banco: fierezza e cordialità è ciò che li accomuna.
Si muovono con leggiadria, dispensando consigli nel mentre servono il cliente.
Difficile trovarne tanti bravi insieme!
Dai loro gesti emerge una deontologia professionale che rende davvero giustizia alla nobilitazione pubblica del mercato tributata dal grande Bocuse.

Simona Vitali

Les Halles de Lyon Paul Bocuse
102 Cours Lafayette
69003 Lyon, France
www.hallespaulbocuse.lyon.fr