venerdì 26 giugno 2015

GENNARO ESPOSITO, LO CHEF AMICO DI TUTTI

Marina Aequa, virgola di terra lambita dal mare, una sorta di baia che ha in seno un piccolo borgo dal fascino retrò, dove il tempo sembra curiosamente cristallizzato. Sull’angolo, come ritratta, svetta una torre, la torre del Saracino, splendido baluardo (torre di avvistamento del VI sec d.C.) che ricorda le scorribande saracene e ora luogo di richiamo dei più raffinati gourmet.



E’ il tempio di Gennaro Esposito, l’amatissimo chef amico di tutti, che lì dentro ha costruito sapientemente il suo mondo, l’ambientazione del ristorante Torre del Saracino, perché gli ospiti possano tenerlo a lungo in memoria.


Decidere di calarsi in questa esperienza significa predisporsi  a cogliere punte di eccellenza sotto diversi aspetti, perché è l’insieme degli elementi che conferisce specialità all’Uno. Decidere di sperimentare questo ristorante implica anche l’innescarsi di una serie di aspettative. Per certi aspetti lo si approccia preparati. Ci si attende un certo ambiente, una certa accoglienza, piatti e vini superlativi, le attenzioni del personale di sala.
Così è stato per me e a dire il vero ho trovato punte che hanno surclassato il mio stesso  pensiero, le mie stesse elevate aspettative. 


Suggestiva l’accoglienza di benvenuto nella torre, in uno splendido salottino di sassi, luci magiche e orchidee per un aperitivo di benvenuto: attenzioni e accorgimenti assolutamente unici, anche per le particolari caratteristiche del luogo, non son mancati. Da subito. Ma ciò che proprio non mi aspettavo e che mi ha calamitato per l’intera serata è stato il filo che correva tra il personale di sala e Gennaro, pure lui presente in alcuni frangenti per salutare o introdurre certi suoi piatti.


Io ho avvertito un continuum fra loro, un affiatamento che mi faceva sentire come nelle stesse mani. Il direttore di sala e il sommelier che, tra i tavoli, parevano lo stesso braccio di Gennaro, come a lasciare una sua ulteriore impronta. C’era l’anima in quello che facevano, il calore, come se quell'attività fosse cosa loro, e un’incredibile sincronia naturale nel loro muoversi. Mi sono sentita ospite a casa di una grande famiglia che mi stava accogliendo con lo stesso spirito, che è altro dalla cortesia, sempre  comunque gradita, che si trova più frequentemente nei locali di buona impostazione.


Dico la verità questo aspetto mi ha rapito talmente tanto che l’attesa del piatto è passata in secondo piano. Non ho resistito e iniziato con qualche domanda tanto al direttore di sala quanto al sommelier. Da entrambi una risposta inaspettata “Sono qui da 15 anni” mi ha confidato Gianni, il sommelier, e Ciro, il direttore di sala “io da 13, sono arrivato poco dopo. Siamo cresciuti insieme a Gennaro, siamo amici”. E in entrambi gli occhi lucidi di ricordi, di vissuto, come se gli stesse scorrendo davanti una pellicola.
Alla luce di questo ho riletto la carta del menù  soffermandomi su una paio di proposte, un menù dedicato a Salvatore e l’altro a Ciro. Qui Gennaro ha scritto la sua riconoscenza. Ma chi è Salvatore? Un pezzo di core di Gennaro, la sua anima gemella, con lui da sempre, prima di tutti gli altri. Ora sta gestendo Mammà, l’altro locale sito  a Capri, ma Gennaro ha trovato il modo di “tenerlo qui” alla Torre del Saracino.

Ristorante Mammà aCapri
Quanto contano questi amici? Tanto, lo dice non con le parole ma con il timbro di voce Gennaro, a fronte della mia esclamazione “Gennaro, che ragazzi straordinari hai in sala!?!” E lui, sintetico, “sono amici”, lasciando intendere con uno sguardo che ci sarebbe tanta vita insieme da raccontare, meriti da condividere.
Ecco una bella definizione di amicizia, ermetica ma efficacissima. Ha parlato il cuore dentro agli occhi.


Questa reazione di Gennaro mi fa pensare al valore della FRATELLANZA, condivisione di un percorso che fatto insieme è più lieve. E quando si tratta di gioire insieme si gioisce di più e più forte. Questo dev’essere accaduto a questi amici fraterni negli anni condivisi alla Torre del Saracino.
Una cosa ho capito meglio quella sera, Gennaro Esposito è  quello dei sentimenti genuini e per questo inalterati nel tempo, non urlati ma radicati.


E anche quello dei significati fini, dentro e attraverso le cose. Me lo ha trasferito l’acume di certi suoi piatti e una trovata finale da colpo di genio…un’ampolla di vetro sul tavolo apposta su di una fiammella che pareva semplicemente un decoro, un profumatore ambientale con scorzette di arancia e spezie che galleggiavano.


A fine serata il maitre ha spento la fiammella, preso l’ampolla e riversato il contenuto, divenuto nel frattempo caldo, in bicchierini di vetro…la tisana di fine cena. Come conferire utilità anche a ciò che apparentemente può sembrare solo di contorno. Si può ancora restare a bocca aperta, come bimbi di fronte a una magia!


Così si chiude questo mio viaggio nel cuore della Campania, in terra napoletana, che mi ha visto toccare Agerola, Gragnano e Marina Aequa respirando a pieni polmoni tutta la TENACIA del maestro casaro Gennaro Fusco, la SAPIENZA dei maestri panettieri Malafronte e la FRATELLANZA di Gennaro Esposito. Un triangolo geografico di eccellenze che sarà difficile dimenticare.

Simona Vitali

La torre del saracinoVia Torretta,9
Loc. Marina d'Aequa - Vico Equense (NA)
Tel. 081 8028555
www.torredelsaracino.it

Crediti fotografici: www.altissimoceto.it www.sabrinamasala.it


venerdì 19 giugno 2015

LA SAPIENZA DEI MALAFRONTE, MAESTRI PANETTIERI

E da Agerola scendo giù, giù verso Gragnano, altra tappa che ho nel cuore da tempo. Il momento è ora!
Gragnano ha una presa decisa su di me: mi afferra e mi trascina dentro la storia, la sua storia. Non è immaginazione ma elementi, segni inequivocabili a farmi scorrere un film davanti agli occhi. Incredibile sensazione.
Quel luogo trasuda di un passato che è ancora vivo, palpitante e capace di emozionare perché potentemente espressivo. Ancora oggi.


Parlano l’architettura delle vie centrali, tra palazzi e strade lastricate di quadroni di pietra, gli stemmi con cinque spighe scolpiti sugli archi di molti portoni degli edifici, le numerose fontane… parlano e dicono con quanta versatilità i gragnanesi si siano apprestati a puntare e investire su un’altra attività, la produzione dei “maccaroni” (maccheroni), dovendo drasticamente abbandonare la prioritaria produzione di seta e tessuti per una moria di bachi da seta sopraggiunta nel 1873.
Da quel momento l’arte bianca è diventata poco a poco l’attività prevalente, a colorare di giallo le vie centrali di Gragnano, dove la pasta veniva stesa al sole ad asciugare con la brezza del Golfo di Napoli.


Questo si riesce a percepire ancora camminando nella centrale via Roma.
C’è stata un’epoca in cui i pastifici sono arrivati fino a un centinaio (poco prima dell’Unità d'Italia), oggi Gragnano continua a rappresentare un polo pastario di assoluta rilevanza nel panorama nazionale e non solo, per il livello qualitativo della pasta che produce, con tecniche più moderne rispetto agli essicatoi all'aria aperta di un tempo.


Ma il motivo principale per cui io ho voluto visitare questo luogo è per arrivare al cuore di un pane e di grissoni specialissimi, assaggiati tempo addietro in occasione di un evento ma rimasti ben scolpiti nella mia memoria. Una squisitezza.Voglio saperne di più, capire chi sta dietro quei post così originali, curati, che leggo su Facebook quasi ogni giorno. Conoscere i maestri panettieri Malafronte.

Daniele e Massimiliano con il papà
Adriano Malafronte
Mi accoglie un’allegra boutique del pane, un piccolo gioiello di buongusto, per come è arredato e per gli invitanti prodotti che espone. Che varietà! Quanta ricerca leggo già a un primo sguardo.
E che squadra ben assortita i Malafronte! Tre fratelli: Massimiliano e Adriano, panificatori, e Daniele, dedito al rapporto con i clienti e allo sviluppo.


Inizia la nostra chiacchierata e scopro subito che  lì dentro ci sono 109 anni di storia, sapere tramandato, il mito del pane casareccio di grossa pezzatura fatto con lievito naturale, le tante ore di lievitazione (la lievitazione lenta), il rito della cottura lunga che assicura più lunga vita al pane; un approccio didattico al cliente, educandolo a non consumare il pane ancora caldo (“è come mangiare un brodo bollente” dice Daniele) ma a lasciarlo assestare per almeno quattro ore, quando arriva a sprigionare al meglio le proprietà, il sapore. 


Il saper trasmettere che un simile pane può essere tranquillamente consumato anche dopo quattro giorni, perché la crosta agisce come da barriera protettiva per la mollica. Si può quindi fare scorta di pane sapendo che si manterrà buono per diversi giorni a venire.


L’attenzione al benessere alla salute (ad es. solo 1,7% di sale) attraverso una diversificazione di tipologie di pane. E il modo etico di rapportarsi al pane, come utilizzarlo per non sprecarlo, la piccola cucina… a questo proposito i fratelli Malafronte hanno un progetto bellissimo in mente.
Ma c’è anche tanta curiosità in loro, vocazione alla ricerca e sperimentazione. Ad oggi realizzano oltre 50 tipi di pane per rispondere alle più diverse esigenze, grissoni stirati nei gusti più particolari, croccantissimi cracker “uno tira l’altro”, freselle, dolci bontà. È un continuo sondare nuovi orizzonti, sperimentare selezioni di farine, individuare nuovi semi (l’ultima trovata è quella dei semi di kia). In questo i fratelli Malafronte sono instancabili. Solo a sentirli parlare sembrano dei fiumi in piena, tanta è la portata delle idee che pullulano nella loro testa.


Avvincenti, appassionanti, coinvolgenti, ci famigliarizzi subito e provi una gran simpatia. Belli, belli davvero.
Se li ripenso a distanza non esito a riconoscere in loro SAPIENZA, che è profonda conoscenza della materia ma anche illuminazione, quella saggia ponderazione che fa soppesare bene i passi e che al contempo delinea un percorso di senso, ben preciso. C’è una linea guida, una stella cometa a cui i fratelli Malafronte si ispirano. Tutto, anche gli stessi messaggi che veicolano insieme ai loro prodotti con grazia, freschezza e anche poesia, (splendidi i post che veicolano su Facebook) parlano di una specialità umana. 


L’umanità si mette anche dentro il pane, nei giusti modi però. L’umanità è quella che fa alzare lo sguardo verso Ciro, uno dei coloriti personaggi di Gragnano che si aggira per le vie della città dispensando “riti” per togliere il malocchio e sognando di andare in tv, di passaggio sulla strada mentre stiamo conversando e avere una parola anche per lui. L’umanità è quella che li fa sentire piccoli se parlano del padre che li ha avviati a questa attività e gli fa dire “se pensiamo a quello che è stato capace di fare lui noi non abbiamo fatto ancora niente”.
Si può crescere a pane e sentimento. Così si diventa grandi.

Simona Vitali

Panificio Malafronte
Via Castellammare, 19
Gragnano (NA)
Tel. 081 871 4049
www.malafronte.org

giovedì 11 giugno 2015

UN TRIANGOLO DI ECCELLENZA

Ho disegnato un triangolo. Ho visitato tre luoghi in terra napoletana, Agerola, Gragnano e Marina Aequa, tre punti in cui ho percepito in modo netto un’eccellenza come elemento distintivo, denominatore comune. Ed è lì che ho preso la matita e ho voluto collegarli fra loro, questi luoghi. Sulla cartina. E ne è uscito un triangolo. A ciascun luogo ho associato un valore, emerso in certi felici incontri che lì ho fatto.


Non posso dimenticare la salita ad Agerola (NA), il cuore dei monti Lattari, quel tratto ricco di panorami mozzafiato, lungo una strada ripida che lasciava alle spalle case sempre più piccole e pareva che a poco a poco si distaccasse da tutto. Questo per poter entrare nel vivo della speciale produzione dei rinomati fiordilatte e provolone del monaco.


Qui, coraggiosamente c’è chi, come l’antica azienda casearia Fior d’Agerola, ha scelto di rimanere a perpetrare una tradizione, mantenendo quelle garanzie di qualità particolare determinate proprio dall'utilizzo di una percentuale di latte di una pregiata razza bovina agerolese.


Tanto inaspettata e appassionante la sequenza della lavorazione del fiordilatte, quanto intrigante  la discesa alla cantina di tufo, dove i provoloni del monaco in stagionatura sono custoditi gelosamente, come in un caveau.

Ma più di tutto mi ha preso il racconto di Gennaro Fusco che questo mestiere lo ama, continua a crederci e a scegliere di rimanere lì, fuori da tutto, ma dentro alle condizioni migliori per ottenere la migliore qualità. Ho letto in lui tutta la forza d’animo di chi ogni giorno mette in conto di organizzare la produzione dei pregiati latticini in modo tale che possano partire in piena notte, per poter arrivare puntuali alle più diverse destinazioni, nord compreso. Un’operazione di logistica impegnativa, anche ai giorni nostri. Immaginarsi com'era ai tempi quando innanzitutto si poneva il problema dei collegamenti, a fronte di una richiesta crescente anche al di fuori del territorio.


A questo proposito la dice lunga la stessa denominazione del provolone, battezzato come “del monaco”, perché per farlo giungere al mercato di Napoli veniva trasportato in barca dai contadini, che indossavano un cappuccio in juta per proteggersi dalla brezza marina.


Di questa esperienza  mi è rimasto, prima ancora dell’idillio per questi formaggi, la lucida e volitiva determinazione di chi intende salvaguardare ad ogni costo un bene prezioso. Ad Agerola, a Gennaro associo la TENACIA, il motore vero del suo essere lì, lo stesso che ha animato chi lo ha preceduto, e sempre! una chiave fondamentale di buona riuscita nelle cose della vita.
Il mio percorso è poi proseguito alla volta di Gragnano prima e Marina Aequa poi, oggetto di trattazione del mio prossimo post!
Simona Vitali

mercoledì 3 giugno 2015

QUANDO "GIOIA BELLA" FA RIMA CON SFOGLIATELLA

Cammino lungo il corso principale di Maiori. Ho già fatto mio quel ritmo lento, meraviglioso, che solo il Sud sa regalare. Quel monito a lasciarmi vivere dalla vita. Che sia lei a guidarmi in questa passeggiata mattutina senza programmi se non quello di godermi gli azzurri. Del cielo, del mare e degli sguardi luminosi di chi questa terra la abita.


Avanzo sbirciando le vetrine e più ancora gli interni per carpirne i mondi. Non ho acquisti da fare. Mi diletto solo ad osservare curiosa.  In questo incedere il mio sguardo intercetta una pasticceria. Ecco! Si attivano i miei sensori di massima attenzione. "Una pasticceria!" mi dico, come se avessi trovato un tesoro nascosto. Cerco di fare una prima sommaria analisi dall'esterno: "Com'è l'ambiente? C'è assortimento di paste? Che aspetto hanno?". La risposta è il mio ingresso.


Questa pasticceria, di cui non ho neanche letto il nome, mi ispira. Mentre sono intenta a osservare le grandi paste, invitanti e curate nell'aspetto, dico anche a me stessa che sono sazia dalla colazione appena terminata per riuscire a mangiarne una sola per intero. L’occhio cade su vassoietti di mignon misti, che riproducono la varietà delle paste grandi.


A quel punto si affaccia dalla vetrinetta una signora che con fare gentile mi chiede in cosa possa servirmi. Azzardo un " è possibile avere uno di questi mini babà?". La signora risponde con in modo rassicurante, come a voler mettermi a mio agio, con un "certamente!". E si attiva procurandosi un piattino di porcellana, pone al centro il mini babà, lo bagna con il rhum, aggiunge una forchettina di acciaio. Tutto questo per l'acquisto di un modestissimo mini babà. Rimango come frastornata e cerco di ripercorrere con la memoria a quando mi sia capitata una cosa del genere.
Assaggio per piccoli bocconcini il babà. Una delizia! Alzo lo sguardo e non posso non esclamarlo alla signora, intenta a prepararmi un caffè. "Gioia bella,tesoro!" mi risponde gratificata, aggiungendo "un bacetto", mentre viene verso di me per stringermi in un abbraccio. " Puoi assaggiare qualsiasi cosa. Ogni pasta è fatta con la stessa cura. Questo lavoro è il mio amore grande".


Mi viene spontaneo chiederle da quanti anni è in attività. "25 anni" mi risponde. E aggiunge "sono qui dalle 5 del mattino alle 5 del pomeriggio poi insieme alle commesse mi dedico alle pulizie, perché mi piacciono gli ambienti puliti". E in effetti quella pasticceria è linda come uno specchio.
Presa da un attacco di simpatia fulminante ruoto lo sguardo intorno e m'imbatto in una simpaticissima caricatura che la ritrae sorridente mentre sorregge vassoi con mani e piedi!


Il caricaturista Al Valenti è passato da qui e non ha potuto fare a meno di ritrarre la signora Pina Gaeta, così si chiama l'amabile pasticcera, sul retro di un foglio per incartare i cabaret. Anche la sua Maiori deve volerle un gran bene. Lo ha espresso bene il suo sindaco, per la festa della donna, in rappresentanza di un'intera comunità,  definendola "vera gran signora nella sua pasticceria per la gentilezza e l'amabilità".


Che dice un turista alla ricerca di tipicità e buona accoglienza? Che alla Pasticceria Napoli di Maiori "gioia bella" fa rima con sfogliatella! Qui tutte le coccole desiderabili sono presenti all'appello: una per il palato e l'altra per il cuore. Non manca proprio nulla!

Simona Vitali

Pasticceria Napoli
Corso Reginna, 64
Maiori (SA)
Tel.  089 853182