giovedì 24 dicembre 2015

LA ZUPPA DI FUNGHI

Conosco questi sentieri, mi ci porti ormai da quarant'anni, ogni autunno, puntualmente. La passione per i funghi me l'hai trasmessa tu ed è consuetudine di questo periodo armarci di bastone, di cesto e scarponi per valicare quei monti amici che non ci deludono mai.


La salita è faticosa ma la vita è stata per noi una buona palestra; ha temprato i nostri muscoli alle arrampicate regalandoci, al momento opportuno, terrazze di sole sulle quali ci siamo rigenerati respirando, a pieni polmoni, le gioie piccole e grandi che ci va ancora offrendo.
Anche trovare funghi, dopo tanto camminare, ci procura un'emozione sempre nuova e mai scontata. Vivere dentro il bosco, poi, è entrare in simbiosi con una natura incontaminata che ha conservato nel tempo la purezza degli elementi che la compongono, come l'anima dell'uomo agli albori della creazione.
Camminando nel sottobosco si dilatano le narici e il cuore per accogliere i profumi benefici di piante che vivono in armonia, regalando al terreno l'humus che porta continuità al ciclo della vita. Da questi doni reciproci nascono e crescono anche funghi odorosi.


Quando, tra il fogliame, riesco ad individuarli mi pervade una sorta di commozione che trascina il mio pensiero a giorni lontani, ai Natali della mia infanzia.
Rivedo la nonna paterna nella piccola cucina intenta a preparare la cena della Vigilia.
Sulla stufa a legna il ragù di funghi sta sobbollendo da alcune ore, lentamente. Il rituale della zuppa inizia da lì il suo percorso, diffondendo per tutta la casa i suoi aromi. L'intensa fragranza del bosco, sprigionata da quel profumo inconfondibile e stimolante, mi penetra dentro e riempie il mio cuore di trepidante attesa.
Non è solo Natale, per me, ma l'evento in assoluto. Mamma e papà saranno qui, questa sera, unico giorno dell'anno in cui potranno sedersi a tavola con me. Vicino a me.


Hanno vissuto, ai miei occhi, come emigranti pur abitando nello stesso paese, nella stessa casa, dove vivevo anch'io coi nonni.
Li vedevo raramente perché l'osteria li assorbiva troppe ore al giorno e così, quando rientravano a tarda serata, stavo già dormendo nel lettone della nonna e al mio risveglio, la mattina, erano partiti da un po'. Le ferie e i turni di riposo non erano ancora contemplati negli anni '50. Il lavoro era non stop.
Ecco perché la nonna, consapevole di questa “solennità famigliare”, poneva ancora più amore in ciò che stava preparando. 
Io sono lì, nel soggiorno attiguo, a creare il mio Natale perché la casa comunichi prima di me la gioia incontenibile che ho nel cuore.
Le poche statuine di gesso sopra un piccolo tavolo compongono il mio presepe.

Lì appresso, un alberello di ginepro con pochi balocchi e qualche fiocco di neve, ricavato dal cotone idrofilo, bastano per portare un clima di festa in tutta la casa.
Ormai tutto è pronto. Manca solo la mia letterina, piena di buoni propositi, sotto il piatto del babbo, sulla tavola apparecchiata a festa.


Fuori è scesa la sera. La neve, che continua a cadere in abbondanza, non mi farà percepire i passi di mamma e papà ma la chiave, nella toppa della porta, sarà il segno inconfondibile del loro arrivo.
Li raggiungerò all’ingresso per tuffarmi nei loro abbracci caldi e avvolgenti.
In quel contatto d’amore si accenderanno magicamente le lampadine del mio Natale per dar luce alle emozioni dell’attesa, trattenute fino a quel momento nel mio cuore di bimba.
La nonna, poi, ci inviterà ad andare a tavola perché la zuppa di funghi, che l’ha tenuta impegnata per un intero pomeriggio, attende solo di essere gustata.
Alla fine dovrò recitare la poesia, in piedi, sulla sedia. Emozionata, mi impegnerò a tirar fuori tutta la mia vocina:…E’ Natale! Alleluia, Alleluia! E’ nato il Sovrano Bambino,la notte che già fu si buia risplende d’un Astro Divino…Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. E’ nato, è nato il Signore, è nato nel nostro paese…*
Anch’io attendevo quell’ora, quei momenti che solo la Notte Santa sapeva rendere magici.
Papà e mamma erano il mio dono sotto l’albero. E loro, che attendevano come me questo momento, cercavano di riversarmi tutto l’amore possibile perché ne potessi fare buona scorta per quei giorni in cui non ci sarebbero stati a condividere, intorno al tavolo, pane e parole, sguardi e tenerezze.
Ora capirete, cari figli e nipoti,cosa rappresenti quella zuppa che mi ostino a preparare e servirvi ogni Vigilia di Natale.


Non c’è solo l’orgoglio di utilizzare i funghi raccolti insieme a vostro papà e nonno o la fedeltà a una tradizione iniziata dai miei antenati di Tiorre di Felino fin dalla prima metà dell’800. C’è soprattutto il sapore di una gioia mai dimenticata che diventa commozione nel momento in cui servo nei vostri piatti una fetta di quei teneri ricordi.


Quand’eravate piccoli giocavamo a chiederci quali profumi ci fossero in Paradiso. E voi, golosi,: “di vaniglia e cioccolato” mi rispondevate. La bimba che ritrovo in me invece è convinta che non manchi l’aroma intenso e penetrante della zuppa di funghi.
  
Alba Vitali

* (Guido Gozzano , La Notte Santa)

1 commento:

  1. Mannaggia, Simona, mi sono venute le lacrime agli occhi dalla commozione e mi tocca rifarmi il trucco....p.s Eleonora è mia figlia, non so perché mi è venuto da commentare con il suo nome, Margherita

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