giovedì 24 dicembre 2015

LA ZUPPA DI FUNGHI

Conosco questi sentieri, mi ci porti ormai da quarant'anni, ogni autunno, puntualmente. La passione per i funghi me l'hai trasmessa tu ed è consuetudine di questo periodo armarci di bastone, di cesto e scarponi per valicare quei monti amici che non ci deludono mai.


La salita è faticosa ma la vita è stata per noi una buona palestra; ha temprato i nostri muscoli alle arrampicate regalandoci, al momento opportuno, terrazze di sole sulle quali ci siamo rigenerati respirando, a pieni polmoni, le gioie piccole e grandi che ci va ancora offrendo.
Anche trovare funghi, dopo tanto camminare, ci procura un'emozione sempre nuova e mai scontata. Vivere dentro il bosco, poi, è entrare in simbiosi con una natura incontaminata che ha conservato nel tempo la purezza degli elementi che la compongono, come l'anima dell'uomo agli albori della creazione.
Camminando nel sottobosco si dilatano le narici e il cuore per accogliere i profumi benefici di piante che vivono in armonia, regalando al terreno l'humus che porta continuità al ciclo della vita. Da questi doni reciproci nascono e crescono anche funghi odorosi.


Quando, tra il fogliame, riesco ad individuarli mi pervade una sorta di commozione che trascina il mio pensiero a giorni lontani, ai Natali della mia infanzia.
Rivedo la nonna paterna nella piccola cucina intenta a preparare la cena della Vigilia.
Sulla stufa a legna il ragù di funghi sta sobbollendo da alcune ore, lentamente. Il rituale della zuppa inizia da lì il suo percorso, diffondendo per tutta la casa i suoi aromi. L'intensa fragranza del bosco, sprigionata da quel profumo inconfondibile e stimolante, mi penetra dentro e riempie il mio cuore di trepidante attesa.
Non è solo Natale, per me, ma l'evento in assoluto. Mamma e papà saranno qui, questa sera, unico giorno dell'anno in cui potranno sedersi a tavola con me. Vicino a me.


Hanno vissuto, ai miei occhi, come emigranti pur abitando nello stesso paese, nella stessa casa, dove vivevo anch'io coi nonni.
Li vedevo raramente perché l'osteria li assorbiva troppe ore al giorno e così, quando rientravano a tarda serata, stavo già dormendo nel lettone della nonna e al mio risveglio, la mattina, erano partiti da un po'. Le ferie e i turni di riposo non erano ancora contemplati negli anni '50. Il lavoro era non stop.
Ecco perché la nonna, consapevole di questa “solennità famigliare”, poneva ancora più amore in ciò che stava preparando. 
Io sono lì, nel soggiorno attiguo, a creare il mio Natale perché la casa comunichi prima di me la gioia incontenibile che ho nel cuore.
Le poche statuine di gesso sopra un piccolo tavolo compongono il mio presepe.

Lì appresso, un alberello di ginepro con pochi balocchi e qualche fiocco di neve, ricavato dal cotone idrofilo, bastano per portare un clima di festa in tutta la casa.
Ormai tutto è pronto. Manca solo la mia letterina, piena di buoni propositi, sotto il piatto del babbo, sulla tavola apparecchiata a festa.


Fuori è scesa la sera. La neve, che continua a cadere in abbondanza, non mi farà percepire i passi di mamma e papà ma la chiave, nella toppa della porta, sarà il segno inconfondibile del loro arrivo.
Li raggiungerò all’ingresso per tuffarmi nei loro abbracci caldi e avvolgenti.
In quel contatto d’amore si accenderanno magicamente le lampadine del mio Natale per dar luce alle emozioni dell’attesa, trattenute fino a quel momento nel mio cuore di bimba.
La nonna, poi, ci inviterà ad andare a tavola perché la zuppa di funghi, che l’ha tenuta impegnata per un intero pomeriggio, attende solo di essere gustata.
Alla fine dovrò recitare la poesia, in piedi, sulla sedia. Emozionata, mi impegnerò a tirar fuori tutta la mia vocina:…E’ Natale! Alleluia, Alleluia! E’ nato il Sovrano Bambino,la notte che già fu si buia risplende d’un Astro Divino…Per quattro mill’anni s’attese quest’ora su tutte le ore. E’ nato, è nato il Signore, è nato nel nostro paese…*
Anch’io attendevo quell’ora, quei momenti che solo la Notte Santa sapeva rendere magici.
Papà e mamma erano il mio dono sotto l’albero. E loro, che attendevano come me questo momento, cercavano di riversarmi tutto l’amore possibile perché ne potessi fare buona scorta per quei giorni in cui non ci sarebbero stati a condividere, intorno al tavolo, pane e parole, sguardi e tenerezze.
Ora capirete, cari figli e nipoti,cosa rappresenti quella zuppa che mi ostino a preparare e servirvi ogni Vigilia di Natale.


Non c’è solo l’orgoglio di utilizzare i funghi raccolti insieme a vostro papà e nonno o la fedeltà a una tradizione iniziata dai miei antenati di Tiorre di Felino fin dalla prima metà dell’800. C’è soprattutto il sapore di una gioia mai dimenticata che diventa commozione nel momento in cui servo nei vostri piatti una fetta di quei teneri ricordi.


Quand’eravate piccoli giocavamo a chiederci quali profumi ci fossero in Paradiso. E voi, golosi,: “di vaniglia e cioccolato” mi rispondevate. La bimba che ritrovo in me invece è convinta che non manchi l’aroma intenso e penetrante della zuppa di funghi.
  
Alba Vitali

* (Guido Gozzano , La Notte Santa)

mercoledì 11 novembre 2015

TRA CIELO E MARE

Fra cielo e mare c’è un limbo abitato da un gruppo di pescatori che, per non vivere troppo il mare, ha preso a frequentare la terra. 


Ẻ iniziata proprio così l’avventura terrestre di Nevio, Maurizio, Ivan, Lallo, Khaled, in un periodo in cui la vita di mare gli stava mangiando l’esistenza. Era tutta un’alternanza fra battute di pesca e sonni ristoratori. Senza sosta e senza poter godere di altro.
Così hanno deciso di accettare l’invito a mettere a disposizione di alcune grandi feste a scopo benefico la propria abitudine di cucinare per amici pesce appena pescato.
Ẻ nata in questo modo “Tra cielo e mare”, un’associazione a statuto speciale che ha aperto la sue porte a uomini di qualsiasi colore e razza, definiti “fratelli, amici” e in cui vige il principio dell’economia di condivisione.



Questo per volontà di un gruppo di persone peraltro molto diverse fra loro, a partire dal loro credo. Dall’anarchico e carismatico Nevio al profondamente credente Maurizio sono tutti ispirati dal principio di contribuire a far girare l’economia, dove però “chi ha paga per chi ha meno”. Non c’è gratuità nelle loro azioni, che sarebbero infruttuose, ma una fattiva distribuzione di quanto l’associazione produce. A partire dal coinvolgimento lavorativo (retribuito e in regola con le norme) delle serate di chi, a vario titolo, ha bisogno di lavorare… vuoi per pagare l’affitto, vuoi per altre necessità.


Si definiscono zingari, zingari felici. Vivono liberi, non hanno etichette, persino nel vestire, e li anima un profondo rispetto per i propri fratelli, l’umanità tutta. E sulla qualità del cibo non transigono, a partire dal cucinare quello che il mare offre nel modo migliore, come se lo facessero per loro stessi, e scegliendo i più buoni ingredienti e prodotti, senza lesinare.
“Perché dobbiamo far mangiare male gli altri?”, è il monito da cui si fanno guidare per offrire del proprio meglio.



Tutto questo nonostante le diversità enormi fra di loro, al punto che nessuno avrebbe scommesso sulla continuità di questa esperienza.
Eppure sono trascorsi 18 anni e l’associazione cresce ed è molto richiesta nell’organizzazione e animazione di serate, in ogni parte d’Italia.



La partenza culinaria è stata infatti integrata da un buon ventaglio di offerte, a tema mare naturalmente. Nevio ha ripreso con la musica e ha creato un gruppo, insieme a musicisti marchigiani, con cui interpreta, con l’anima, perché è così che lui vive, canzoni di  cantautori che abbiano il mare come protagonista e in più viene proposta animazione per i bambini.
Li ho conosciuti quest’estate e l’approccio è stato sulle note di una canzone di Pierangelo Bertoli - Eppure il vento soffia ancora - più che mai attuale e straordinaria, interpretata da Nevio, durante le prove pomeridiane per la serata, nello splendido scenario del Porto Canale di Cesenatico (la loro terra natale), con il sole che disegnava solo le sagome dei musicisti e dietro il mare, nitido protagonista di quel momento.



Ẻ da lì che ho iniziato a cogliere la particolarità di questi uomini, che il cuore mi ha detto di conoscere meglio. e parlando e parlando con più di uno di loro, sono arrivata al mio dunque, quello che mi squarciato un cielo e ha aperto un varco nel mio sguardo su questa associazione.



“Vedi Simona - mi dice ad un certo punto il profondamente credente Maurizio, il fatto è che nel corso di questi anni io sono diventato più cristiano con (l’anarchico) Nevio”.
Ecco il limbo, mi sono detta, ovvero quel luogo dove tutti ci riconosciamo e rispettiamo, in quanto uomini innanzitutto, e dove, credenti e atei, si riconoscono nel nome di valori comuni, senza etichette e bandiere!
Ora la terra questi uomini, pescatori e armatori e cuochi e animatori insieme, li cerca e tanto, ma loro non possono abbandonare il mare, vera fonte del loro essere veraci e quindi veri!



“Il nostro obiettivo - mi dice Nevio - è l’orizzonte, perché quello non si raggiunge mai!”

Simona Vitali

lunedì 26 ottobre 2015

LA FORZA PROROMPENTE DELLA VITA

Un  sole giallo intenso e luminoso mi accoglie all’ingresso della struttura in cui si svolgerà il Palio del Pettine, a Gavello, frazione di Mirandola (MO): è questo l’effetto della gioiosa ambientazione in giallo girasole, resa ancor più briosa da freschi ramoscelli di melograno, apposti qua e là come decoro.


Non sfugge al mio occhio una particolareggiata cura nell’allestimento che conferisce all’insieme aria di festa e quindi piacere di essere lì.
È la forza prorompente della vita, quella che si arriva ad apprezzare tanto dopo che quella stessa vita è stata minata, messa a repentaglio.
Era il maggio 2012 quando questa terra è stata colpita prima dal terremoto e pochi mesi dopo da un  tornado “che hanno abbattuto le barriere campanilistiche tipiche dei paesi di provincia, rendendo più che mai vero il detto che una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia”.


Così mi racconta Imo Vanni, uno degli ideatori del Palio del Pettine, spiegandomi come questi paesi si siano sostenuti con l’autogestione e lo scambio di aiuti che arrivavano dal mondo.
Cose grosse, punti di non ritorno. Da quel momento è cambiato per sempre qualcosa nelle persone e, passata l’emergenza, è sorta spontanea la domanda “cosa possiamo fare per continuare questa solidale situazione?”. È quanto si sono chiesti Claudio, Ismaele e Vanni, tre amici del luogo.
Se è vero, come è vero, che la cucina unisce, quella era la strada da perseguire. 
Bisognava individuare un prodotto di origine locale e tentare di valorizzarlo. La fortuna ha voluto che Claudio, nel traslocare materiali dalla sua casa terremotata, abbia rinvenuto una dispensa che spiegava chiaramente come il maccherone al pettine, prodotto nelle valli mirandolesi, non aveva le punte (c’era infatti chi le realizzava in un modo chi nell’altro).

Maccheroni al pettine (foto di Lorenzo Guerzoni)
Ecco la strada da perseguire, perché no, attraverso la sana rivalità che solo un palio sa stimolare.
E così, senza pensarci troppo, nel 2013 è stata messa in piedi, in soli due mesi mezzo, la prima edizione del Palio del Pettine. Solo dopo si è iniziato ad approfondire la ricerca e gli studi che hanno portato alla costituzione di un consorzio, con l’obiettivo di ottenere l’indicazione geografica protetta per il maccherone al pettine (IGP). La forza del volontariato, che sa agire con saggezza, devolve il ricavato delle manifestazioni alle associazioni locali post terremoto e  sogna di creare lavoro per i ragazzi disabili e  per chi non ha occupazione.


Le tre frazioni iniziali - Gavello, San Martino Spino e Quarantoli- sono diventate sei, in soli tre anni, con l’ingresso di San Giacomo Roncole, Mortizzuolo e Cividale. Per tutte la produzione di maccheroni è lunga un anno intero, perché varie sono le manifestazioni in calendario nelle diverse comunità . Il palio non è che l’espressione più giocosa e sfidante di una rete solidale che funziona…e che entusiasma i giovani! Come a dire che c’è futuro, eccome se c’è!


Un sole giallo intenso e luminoso è rimasto alto nel cielo del palio per ben due giorni.
Ha portato la gioia e, a chi non era del posto, ha insegnato un po’ a stare al mondo.


Simona Vitali

lunedì 19 ottobre 2015

GUALTIERO MARCHESI, IL FARO DELLA CUCINA ITALIANA

Un intenso fine settimana a Senigallia con la visione di Gualtiero Marchesi che ripercorro a ritroso, a partire dal pensiero che mi hanno fatto maturare i momenti vissuti.


Reggio Emilia, 1 ottobre 2015


Ripensando in questi giorni alle parole di Gualtiero Marchesi mi sono placata, perché ho visto nitida la strada della cucina italiana. Quella vera.
Bando al sensazionalismo e alla gara fra chi stupisce di più, senza basi culturali a sorreggere l'impalcatura.
Qui è l'intelligente sobrietà a farla da padrona.
Principi saldi e profonda cultura trasversale trovano espressione in ogni piatto del Maestro, come marchio inconfondibile.
Lui riesce ad esaltare la sostanza (la materia prima deve essere riconoscibile) ponendola in forma di opera d'arte. Perché l'arte la conosce bene e ne ha tutto il guizzo per poterla esprimere.
La sua scuola sta delineando in modo fattivo e senza clamore l'identità della nostra cucina.
E questo rincuora enormemente!


Senigallia, 28 settembre 2015


Imprevedibile e avanti nei secoli Gualtiero Marchesi inizia la sua lectio magistralis, nel PalaPanzini di Senigallia, sbaragliando i ragazzi in attesa di ascoltarlo.
"Fatemi voi domande, chiedetemi quello che vi interessa ora e non alla fine, così mi allineo al vostro pensiero".
Paralisi, silenzio assoluto. Nessuno aveva il coraggio di rompere il ghiaccio.
E via che parte il primo monito di Marchesi: "Non siete curiosi? Coltivate la curiosità, ragazzi! Chiedete il perché anche di quello che vi insegnano, vi chiedono di fare, sempre!"
E poi si apre loro, li prende per mano e li accompagna dentro il suo stile, il suo modo di concepire il piatto, in purezza, esaltando sempre in assoluto la materia prima. Che sia lei la protagonista.
E passando in rassegna le immagini dei suoi piatti migliori li spiega, soprattutto ne spiega l'ispirazione.
Una palestra per questi ragazzi, uno stimolo pulsante a fare con amore.


Senigallia, 28 settembre 2015


Un intero Palasport di casacche bianche in erba freme. Non capita tutti i giorni di poter ascoltare dal vivo il faro della cucina italiana.
Il Maestro adora i giovani, lui stesso è uno splendido giovane, in ogni sua espressione. A breve parlerà al futuro della cucina italiana e lo farà in modo inusuale, come è solito fare!


Senigallia, 27 settembre 2015


C'era una volta una famiglia che viveva in grande armonia...ad accomunare i componenti una straordinaria vena artistica.
Capostipite Gualtiero, genio della cucina, innamorato della musica e dell'arte. E poi la moglie, la figlia e ora 3 nipoti, il trio Dandolo, nel percorso della musica.
Per l'uno, Gualtiero, la cucina è grande sinfonia di sapori. Il trio Dandolo a sua volta sostiene che cucina musica.
La contaminazione crea il talento. E questo abita nella famiglia di Gualtiero Marchesi.


Senigallia, 26 settembre 2015


"Una rotonda sul mare..." è proprio questa che ha ispirato Fred Bongusto.
Senigallia mi ha accolto ridente, con l'ultimo sole dell'estate, nell'attesa di celebrare un grande Maestro.

Simona Vitali


mercoledì 23 settembre 2015

SANTI PALAZZOLO, UN UOMO GIUSTO


Aggirandomi fra i golosi box di Sweety of Milano mi  imbatto nello spazio riservato alla Pasticceria Palazzolo, che già ho conosciuto qualche anno fa, in quel di Cinisi (PA), dove ha sede.
Il mio sguardo si perde nelle meraviglie esposte. Ho fra le mani i miei "zuccherini", moneta corrente di questo villaggio di dolcezze, da spendere e qui so cosa voglio: quegli indimenticabili dolcetti alle mandorle di cui, a distanza di un paio d'anni, conservo ancora memoria! Mentre indico con la mano un tubo di queste leccornie alzo lo sguardo ad altezza petto del pasticcere che mi sta di fronte e sulla casacca bianca leggo "Santi Palazzolo". A quel punto centro lo sguardo sul viso e guardando negli occhi il mio interlocutore dico "Sto leggendo bene? Lei è Santi Palazzolo?". Mi risponde di sì. Dapprima ripercorro la mia visita a Cinisi e lui, sorpreso, mi fa alcune domande a cui rispondo con memoria vivida, poi affondo con un "è il più bel regalo di oggi trovare qui la sua pasticceria e la sua persona. Ho letto della vicenda che la riguarda e provo profonda ammirazione per lei".


È come se avessi aperto un rubinetto. Dalla bocca di Santi fluiscono non semplici parole ma concetti potenti. Ci vorrebbe un altoparlante in quel momento. Tutti dovrebbero sentire. Altro che i partecipanti e i protagonisti delle masterclass che stanno andando in onda nelle aule!
Sono di fronte a un uomo che ha avuto il coraggio di denunciare e lo ha fatto, dice, con  il dovere morale di dare l'esempio ai suoi cinque figli tutti messi al corrente della sua decisione, avendo solo la sua casacca come antimafia e la responsabilità di ben 42 dipendenti sulle spalle.
Mi manca quasi il respiro, è come se mi arrivasse un'onda d'urto, in cui avverto come avvolti insieme forza e coraggio, per bocca d'uomo, per la prima volta nella mia vita. Che non è come leggerne notizia o ascoltare qualche servizio in televisione.
"Ciò che mi sorprende - dice Santi- è che venga considerato eccezionale quello che ho fatto. Questo mi dice che qualcosa in Italia non funziona". La sua battaglia non è finita. Denunciato chi doveva, ora lotta per mantenere il suo punto vendita presso l'aeroporto di Palermo. Per questo ora si sta battendo e, ci tiene a sottolineare, sta spendendo-diciamo per le complicazioni insorte- la metà di quanto avrebbe sostenuto se avesse ceduto a compromessi.
C'era tanta gente oggi a Sweety of Milano. In molti hanno appostato i maestri pasticceri per avere un autografo, come si usa con i calciatori o con gli attori.
Premesso che stiamo parlando di professionisti seri e bravi che meritano riconoscimenti di stima, la riflessione andrebbe girata su di noi, il cosiddetto pubblico, ormai troppo storpiato nelle sue visioni. Magari eccessivo.
Forse un uomo, un imprenditore, particolarmente giusto, meritava, lui sì, oggi una celebrazione, un conclamato posto al sole su tutti.
Salutando Santi Palazzolo gli ho detto che se è nelle mie facoltà riuscire a  muovere anche una sola unghia nel far conoscere la sua storia, ecco io lo farò.


Simona Vitali
fotografia di Ivano Zinelli

sabato 15 agosto 2015

APPUNTI DI INIZIO VIAGGIO DELL'EMILIA ROMAGNA VERSO EXPO


Rimini, 7 agosto 2015
La conferenza stampa di presentazione del viaggio verso Expo


Può il sogno di un qualche visionario diventare un progetto strutturato di unificazione di una regione, l'Emilia Romagna, nel segno di un nastro di farina e uova, la sfoglia, per fare da collante perché i culatelli arrivino al mare e i sardoncini incontrino l'aceto balsamico?
Dal 8 agosto al 22 settembre inizia un tempo lungo oltre un mese dedicato ai viaggiatori, quelli che vogliono calarsi nell'anima dell'Emilia Romagna da scoprire, attraverso il più articolato e straordinario degli eventi che questa regione abbia visto nascere negli ultimi tempi: IL VIAGGIO VERSO EXPO.
Un'onda, un'unica onda viva che da Rimini attraverserà la spina dorsale dell'Emilia Romagna, estraendo il succo di questa Terra per consegnarlo prima nelle mani di Expo poi nell'impegno dei prossimi anni perché l'asticella della condivisione, dei più rappresentativi interlocutori, non si abbassi più.


Pennabilli, 8 agosto 2015
La ricchezza di una terra


È magica Pennabilli. Nel muoversi fra la piazzetta e i vicoli che salgono ripidi e stretti sembra di attraversare una fiaba.
In ogni angolo aleggia lo spirito di un uomo, Tonino Guerra, che ci ha vissuto amando molto e portando rispetto per ogni cosa, animata e inanimata.
Una mano lieve, amica, ha accarezzato questo luogo che è espressione di pace profonda... di rappacificazione dell'uomo con la natura, in un'integrazione che è continuità, completamento reciproco.
Non è spiegabile cosa possa suscitare l'entrare nell' Orto dei frutti dimenticati o fermarsi in spontanea meditazione nel Santuario dei pensieri. Sbirciare la vicina Casa dei mandorli oppure avvertire tutta la potenza di una mente espressa in un concetto semplice e schiacciante o nel battito d'ali di una farfalla dipinta, capace di portare lontano.
Di fronte a tutto questo ti chiedi a quanto un uomo possa arrivare. E qui trovi una risposta possibile!


Pennabilli, 8 agosto 2015
Il primo degli innumerevoli comizi agrari che costellerà l’intero viaggio


Sono tornati i comizi agrari!
Oggi staffetta tra un gastronomo, un accademico e un contadino vecchio stampo, in tema di frutti dimenticati.
L'inizio del viaggio dell'Emilia Romagna verso Expo parte da Pennabilli (RN), in uno dei luoghi dell'anima di Tonino Guerra.
Dei tre comizianti ha vinto Guerrino il contadino! A narrare della sua piantata, della produzione di vino dissetante, della mela roslina schiacciata buona e molto profumata, quella delle fragranze del Natale.
Del contadino Tonino Guerra diceva che è " un continente, una persona così preparata a vivere da saper affrontare tutto".
Evviva Guerrino il contadino, grande scoperta di questa prima tappa del viaggio verso Expo!


Pennabilli, 9 agosto 2015
Inizio del percorso a piedi lungo l’Alta via dei Parchi



Quale modo migliore per sentirsi parte di un luogo che si intende esplorare, conoscere, se non quello di affrontarlo a piedi cogliendo, passo dopo passo, particolari, angolature diverse, fino ad arrivarne al cuore e sentirlo proprio?
È iniziato ieri da Pennabilli il cammino lungo l'Alta via dei parchi dell'Emilia Romagna.
Il più lento e probabilmente più riflessivo e conciliante con la propria anima, fra i percorsi del viaggio verso Expo.
Ce lo racconterà un gruppo di trekker di Slow Food, guidati dal CAI, e impegnati ogni giorno a calarsi nella natura e nella vita delle persone che incontreranno.
Intanto FORZA! Vanda, Pier Luigi, Elisabetta e Luca: gli apripista a cui, lungo la via, si aggregheranno tanti altri!


Associazione Cheftochef
Moreno Balzoni, scrigno di saperi 


Cosa c'è dietro un viso luminoso con i lineamenti distesi?
È così che da sempre, da quando l'ho conosciuto, vedo Moreno Balzoni, l'anima verace, pragmatica dell'indimenticato Gambero Rosso di Bagno di Romagna, ora rappresentato e valorizzato all'interno della più bella fra tutte le Eataly, quella di Forlì.
Moreno, prima di qualsiasi collocazione e appartenenza, è.
Personaggio in se stesso, nella sua forma mentis, nel suo stile di vita, nel saper guardare al mondo con i propri occhi e andare per la propria strada. Incondizionatamente. Lui vive la vita a suo modo.
Un colpo di fulmine l'approccio con quest'uomo misurato, che inizialmente non si sbottona troppo, ma cordialissimo, che tanto la prima volta che l'ho conosciuto quanto quelle successive, si è approssimato al tavolo per introdurmi al mondo a cui stavo approcciando e ai piatti proposti. Un modo per aiutare la comprensione e far azzeccare la scelta.
E questo con tutti i commensali! Senza distinzione di sorta. Grandissimo e non scontato comportamento a fronte di sempre più spesso sbilanciati favoristismi, sgradevolissimi. Non c'è buon piatto che tenga rispetto a questa mancanza di rispetto diffusa nei tempi moderni!
Mentre Moreno spiega ti accorgi che sta trasferendo cultura. Non si limita a raccontare il piatto, modalità molto in uso e spesso maltrattata nei locali. E' inutile, la capacità di trasferire è commisurata al reale sapere. Ed è anche di questo cibo che un cliente ha sempre più bisogno.


Diga di Ridracoli, 10 agosto 2015
Slow Food e i suoi magnifici piccoli produttori


Ho trovato la manna!
Non è caduta dal cielo ma dal verde, verdissimo delle foreste casentinesi, che si affacciano sulla diga di Ridracoli (FC).
Ha il volto bello e pulito di un padre e di una figlia, Melindo e Alessia Baccanelli, orgogliosamente produttori di rarità come il miele di melata, abitualmente chiamato appunto "manna".
Alessia e Melindo mi hanno spiegato che questo non è un miele di fiori ma nasce grazie all' alleanza degli afidi con le api.
I primi succhiano la linfa dalle piante e la trasformano in sostanza zuccherina.
Le api la raccolgono e producono il miele di melata.
Una ricercatezza possibile solo quando gli afidi sono numerosi, molto apprezzata come energizzante naturale.
Sono i piccoli produttori specialissimi come questi, dell'azienda Melindo Baccanelli, ad animare, insieme ai cuochi di Cheftochef e Slow Food, l'Alta via dei parchi nel viaggio verso Expo.

Una bella anima Slow!


Presente a tutti gli appuntamenti della prima parte del viaggio la signora Lucia non ha perso una battuta tra conferenze stampa, comizi, cene. Attenta e pronta ad esprimere opinioni, ha spiazzato regalando perle di saggezza.
Brillante, battuta sempre pronta, e capace di infondere, con i suoi sorrisi, serenità a chi le stava intorno. E anche il senso di un tempo dilatato, che partiva da lontano ma sapeva guardare lontano.
Un vero privilegio.
Lucia, ci sono altre tappe davanti. Non può mancare!


Lucia fra il pubblico durante la conferenza stampa

Ora non resta che attendere i prossimi appuntamenti e, data l'eccezionalità e la portata dell'evento, di consigliare a tutti un'esperienza sulla grande arca dell'Emilia Romagna, in movimento per oltre un mese. A seconda dei gusti ognuno potrà trovare ciò che più gli aggrada.
È il bello della poliedricità della nostra regione e di questo immenso, incredibile progetto!

Simona Vitali







giovedì 13 agosto 2015

MORENO BALZONI, UNO SCRIGNO DI SAPERI

Cosa c'è dietro un viso luminoso con i lineamenti distesi? È così che da sempre, da quando l'ho conosciuto, vedo Moreno Balzoni, l'anima verace, pragmatica dell'indimenticato Gambero Rosso di Bagno di Romagna, ora rappresentato e valorizzato all'interno della più bella fra tutte le Eataly, quella di Forlì.


Moreno, prima di qualsiasi collocazione e appartenenza, è.
Personaggio in se stesso, nella sua forma mentis, nel suo stile di vita, nel saper guardare al mondo con i propri occhi e andare per la propria strada. Incondizionatamente. Lui vive la vita a suo modo.
Un colpo di fulmine l'approccio con quest'uomo misurato, che inizialmente non si sbottona troppo, ma cordialissimo che, tanto la prima volta che l'ho conosciuto quanto quelle successive, si è approssimato al tavolo per introdurmi al mondo a cui stavo approcciando e ai piatti proposti.
Un modo per aiutare la comprensione e far azzeccare la scelta. E questo con tutti i commensali! Senza distinzione di sorta. Grandissimo e non scontato comportamento a fronte di sempre più spesso sbilanciati favoristismi, sgradevolissimi. Non c'è buon piatto che tenga  rispetto a questa mancanza di rispetto diffusa nei tempi moderni!
Mentre Moreno spiega ti accorgi che sta trasferendo cultura.

Zuppa di erbe spontanee e pasta imperiale
Non si limita a raccontare il piatto, modalità molto in uso e spesso maltrattata nei locali. E' inutile, la capacità di trasferire è commisurata al reale sapere. Ed è anche di questo cibo che un cliente ha sempre più bisogno.
Un personaggio come Moreno da un garbato quasi timido approccio arriva a coinvolgerti, appassionarti all'argomento, che qui è "piatti poveri realizzati con erbe spontanee"...e quindi territorio, tradizioni, meticolosa indagine fra i vecchi della zona per recuperare in purezza saperi, ricostruzione di un fedele quadro di conoscenze da riproporre dentro e insieme ai piatti.
Questa la folle missione in cui Giuliana la moglie, cuoca, lo ha trascinato vent'anni fa. E lui ci ha creduto. L'ha appoggiata, facendosi innanzitutto braccio. "Ci penso io, Giuliana, a procurarti le erbe che ti occorrono".


E così rispolverando le sue conoscenze di ragazzo e coinvolgendo i vecchi della zona, Moreno è arrivato esso stesso ad essere biblioteca, scrigno di conoscenze, grande esperto della materia. E con il suo saper reperirla questa materia prima, a seconda della stagionalità, ha determinato giornalmente il menù del locale.
Per tutti coloro che si sono avvicinati a Moreno c'è sempre stata la possibilità di accompagnarlo in questo suo metodico e fondamentale impegno di "andare per erbe".


Ho vissuto in prima persona questa esperienza che mi ha visto curiosa osservarlo e al tempo stesso cercare di emularlo, gioendo nel riuscire a trovare da sola il germoglio di rovo piuttosto che la pimpinella.


E intanto riempirmi gli occhi di quel verde incontaminato e i polmoni di quell'aria che sentivo buona, sentendomi talmente libera e leggera da volare quasi lungo quelle pendenze. E lui guardandomi che mi diceva "quando ho imparato a fare le cose che mi fanno bene ogni tanto le faccio".


C'è un percorso a Bagno di Romagna che si snoda lungo un bosco, denominato "Sentiero degli gnomi", che per mano di un gruppo di singolari abitanti della zona è stato popolato e animato da gnomi appunto  realizzati in legno, perchè chi percorre questo tratto viva natura e fantasia. Sulle orme degli gnomi,  instancabili lavoratori, dotati di una proverbiale sapienza, allegri, capaci di vivere solo nelle zone più salubri e rigogliose.  Un messaggio educativo elevato per grandi e piccini, oltre che piacere per gli occhi e, più di tutto, immersione in una favola.


Lo posso dire, ho conosciuto la terra degli gnomi, bellissima, incontaminata e anche un uomo della sua stessa pasta: limpido, schietto, capace di solcare profondità. In una parola: figlio della sua terra! E perla di Cheftochef, un'associazione che riserva belle sorprese.


Simona Vitali