Conosco questi sentieri, mi ci porti ormai
da quarant'anni, ogni autunno, puntualmente. La passione per i funghi me l'hai
trasmessa tu ed è consuetudine di questo periodo armarci di bastone, di cesto e
scarponi per valicare quei monti amici che non ci deludono mai.
La salita è faticosa ma la vita è stata per
noi una buona palestra; ha temprato i nostri muscoli alle arrampicate
regalandoci, al momento opportuno, terrazze di sole sulle quali ci siamo
rigenerati respirando, a pieni polmoni, le gioie piccole e grandi che ci va
ancora offrendo.
Anche trovare funghi, dopo tanto camminare,
ci procura un'emozione sempre nuova e mai scontata. Vivere dentro il bosco,
poi, è entrare in simbiosi con una natura incontaminata che ha conservato nel tempo
la purezza degli elementi che la compongono, come l'anima dell'uomo agli albori
della creazione.
Camminando nel sottobosco si dilatano le
narici e il cuore per accogliere i profumi
benefici di piante che vivono in armonia, regalando al terreno l'humus che
porta continuità al ciclo della vita. Da questi doni reciproci nascono e
crescono anche funghi odorosi.
Quando, tra il fogliame, riesco ad
individuarli mi pervade una sorta di commozione che trascina il mio pensiero a
giorni lontani, ai Natali della mia infanzia.
Rivedo la nonna paterna nella piccola
cucina intenta a preparare la cena della Vigilia.
Sulla stufa a legna il ragù di funghi sta
sobbollendo da alcune ore, lentamente. Il rituale della zuppa inizia da lì il
suo percorso, diffondendo per tutta la casa i suoi aromi. L'intensa fragranza
del bosco, sprigionata da quel profumo inconfondibile e stimolante, mi penetra
dentro e riempie il mio cuore di trepidante attesa.
Non è solo Natale, per me, ma l'evento in
assoluto. Mamma e papà saranno qui, questa sera, unico giorno dell'anno in cui
potranno sedersi a tavola con me. Vicino a me.
Hanno vissuto, ai miei occhi, come
emigranti pur abitando nello stesso paese, nella stessa casa, dove vivevo
anch'io coi nonni.
Li vedevo raramente perché l'osteria li assorbiva
troppe ore al giorno e così, quando rientravano a tarda serata, stavo già
dormendo nel lettone della nonna e al mio risveglio, la mattina, erano partiti
da un po'. Le ferie e i turni di riposo non erano ancora contemplati negli anni
'50. Il lavoro era non stop.
Ecco perché la nonna, consapevole di questa
“solennità famigliare”, poneva ancora più amore in ciò che stava
preparando.
Io sono lì, nel soggiorno attiguo, a creare
il mio Natale perché la casa comunichi prima di me la gioia incontenibile che
ho nel cuore.
Le poche statuine di gesso sopra un piccolo
tavolo compongono il mio presepe.
Lì appresso, un alberello di ginepro con
pochi balocchi e qualche fiocco di neve, ricavato dal cotone idrofilo, bastano
per portare un clima di festa in tutta la casa.
Ormai tutto è pronto. Manca solo la mia
letterina, piena di buoni propositi, sotto il piatto del babbo, sulla tavola
apparecchiata a festa.
Fuori è scesa la sera. La neve, che
continua a cadere in abbondanza, non mi farà percepire i passi di mamma e papà
ma la chiave, nella toppa della porta, sarà il segno inconfondibile del loro
arrivo.
Li raggiungerò all’ingresso per tuffarmi
nei loro abbracci caldi e avvolgenti.
In quel contatto d’amore si accenderanno
magicamente le lampadine del mio Natale per dar luce alle emozioni dell’attesa,
trattenute fino a quel momento nel mio cuore di bimba.
La nonna, poi, ci inviterà ad andare a
tavola perché la zuppa di funghi, che l’ha tenuta impegnata per un intero
pomeriggio, attende solo di essere gustata.
Alla fine dovrò recitare la poesia, in
piedi, sulla sedia. Emozionata, mi impegnerò a tirar fuori tutta la mia
vocina:…E’ Natale! Alleluia, Alleluia! E’ nato il Sovrano Bambino,la notte che
già fu si buia risplende d’un Astro Divino…Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore. E’ nato, è nato il Signore, è nato nel nostro paese…*
Anch’io attendevo quell’ora, quei momenti
che solo la Notte Santa
sapeva rendere magici.
Papà e mamma erano il mio dono sotto
l’albero. E loro, che attendevano come me questo momento, cercavano di
riversarmi tutto l’amore possibile perché ne potessi fare buona scorta per quei
giorni in cui non ci sarebbero stati a condividere, intorno al tavolo, pane e
parole, sguardi e tenerezze.
Ora capirete, cari figli e nipoti,cosa
rappresenti quella zuppa che mi ostino a preparare e servirvi ogni Vigilia di
Natale.
Non c’è solo l’orgoglio di utilizzare i
funghi raccolti insieme a vostro papà e nonno o la fedeltà a una tradizione
iniziata dai miei antenati di Tiorre di Felino fin dalla prima metà dell’800. C’è
soprattutto il sapore di una gioia mai dimenticata che diventa commozione nel
momento in cui servo nei vostri piatti una fetta di quei teneri ricordi.
Quand’eravate piccoli giocavamo a chiederci
quali profumi ci fossero in Paradiso. E voi, golosi,: “di vaniglia e
cioccolato” mi rispondevate. La bimba che ritrovo in me invece è convinta che
non manchi l’aroma intenso e penetrante della zuppa di funghi.
Alba Vitali
*
(Guido Gozzano , La Notte
Santa )