sabato 25 aprile 2015

25 APRILE, IL PROFUMO DELLE SERENELLE

Questo è il ricordo di una ragazza che, nel 1945, aveva 15 anni e poi è diventata mia nonna. Riporto la testimonianza scritta di suo pugno!


Oggi pomeriggio, approfittando della bella stagione, ho cominciato a fare i miei giretti in cortile. Insieme a me c'erano anche Anita e Sofia, le mie pronipotine. Mentre loro giocavano, io guardavo ammirata i bei fiori che stanno sbocciando nel nostro giardino. Ogni tanto mi si avvicinava anche Mio, il nostro amato gattino, alla ricerca di coccole e qualche complimento. Passando davanti alle serenelle, ormai in piena fioritura, tanti ricordi lontani e mai dimenticati riaffioravano alla mia mente. Fra pochi giorni ricorre il 25 aprile, una data storica perché, 70 anni orsono, ha segnato la fine della guerra.
Non mi sembra vero che sia trascorso così tanto tempo!  È stata una giornata meravigliosa, tra le più belle della mia vita. Uscivamo da una guerra con la paura e l'incubo che non dovesse mai finire. La guerra porta solo dolore, lutto, distruzione. Tutti i giorni ci alzavamo dal letto con tanto timore nel cuore. Mia mamma ripeteva sempre: "come sarà oggi?".
Quella mattina era andata in paese per portare a cuocere il pane al forno pubblico (di sapore di pane aveva ben poco perché le farine che ci venivano date con la tessera, una volta impastate, assomigliavano più a cemento che a soffice e bianco pane dal gusto inconfondibile). Ricordo, arrivò a casa tutta trafelata tanto da non riuscire neppure a respirare dalla corsa che aveva fatto e dalla gioia che teneva nel cuore.
Si rivolse a mio papà, che stava lavorando davanti al suo deschetto da calzolaio ed esclamò, con quel poco fiato che le era rimasto: "Gino, Gino, è finita la guerra!". Mio papà, con la sua calma proverbiale, si alzò in piedi, scosse con la mano il suo grembiule dai ritagli di cuoio e disse: "Per oggi ho lavorato abbastanza". Ci trovammo abbracciati tutti, mentre piangevamo di gioia.
Mio padre andò a cambiarsi, mise il vestito della festa con tanto di camicia bianca e cravatta, poi andò verso la piazza del paese a festeggiare con i suoi amici.
Io presi in braccio il mio fratellino, che allora aveva 2 anni, poi con la mamma, mia sorella e il nonno ci recammo all'inizio del borgo dove abitavamo perché, affacciandosi sulla strada principale, immaginavamo che avremmo trovato tante altre persone in festa... cominciando da tutta la nostra borgata. L'allegria, la gioia di quel giorno che accomunava tutti, non riesco neppure a descriverle. Si cantava, si ballava, ci si abbracciava e si piangeva anche di gioia... forse ancora increduli davanti a una libertà tanto attesa e ora materializzata in un giorno che sarebbe passato alla storia.
A completare quest' atmosfera gioiosa,  erano i canti patriottici di partigiani che sentivamo in lontananza e che mano a mano si avvicinavano verso di noi. In testa alla sfilata c'era il loro capo, un certo Afro Schiaretti in sella a un cavallo bianco. Gli cantavano in coro: " Quando vedrai un uomo con la barba ricordati che è Afro il capo banda, quando vedrai un uomo coi baffetti ricordati che è Afro Schiaretti".
Al suo passare la folla lo acclamava, lo applaudiva e gli lanciava le serenelle, unici fiori che potevamo permetterci allora. Ecco perché questo umile fiore suscita in me, ancora oggi, tanta emozione e gioia. 


In quella giornata, benedetta da Dio, nessuno ha cucinato e pranzato. Siamo rimasti fino a sera sulla strada per assistere agli avvenimenti lieti che si sarebbero susseguiti. 
Nel pomeriggio ci siamo portati sullo stradone di fronte alla villa Caumont Caimi per vedere passare i carri armati americani. Pure lì battimani a non finire e loro ricambiavano l'accoglienza gettando caramelle e cioccolata a noi bambini.  In quella villa fecero presidio per diversi giorni e la cosa bella è che al mattino preparavano pentoloni di caffè puro, il cui profumo si diffondeva per la vie vicine.
Ricordo che ne distribuivano generosamente a chi andava ai cancelli della villa. Bastava portare un pentolino e te lo riempivano. A quei tempi era bevanda preziosa perché non si trovava il caffè in commercio, ma solo miscele d'orzo o di altri cereali tostati.
Miei cari nipoti, il 25 aprile 1945 è una data che rimarrà tra i ricordi più belli della mia vita. Chi ha la mia età e la fortuna di ricordare questo giorno, avrà scolpita nel cuore quella gioia immensa che solo la libertà e la pace riconquistate sanno portare.
Nipoti cari vi auguro, con tutto l'amore che ho per voi, che non dobbiate mai e poi mai subire una guerra, fonte di dolore e distruzione inutili, ma che scorra su questa terra, come un fiume in piena, la concordia tra i popoli a salvaguardia di una libertà faticosamente riconquistata dai nostri nonni e padri. Ricordate: " La pace di oggi è frutto del coraggio dei giovani di settant'anni fa! "

Nonna Rosetta

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