Sono
appassionata di mercatini di cose vecchie, quelli veraci però, dove gli oggetti
sono ammucchiati in allegro disordine e ancora puoi trovarci di tutto, o quasi.
Fra le altre
cose vado cercando quaderni di ricette in forma originale, di quelli scritti di
pugno dalle massaie di un tempo, ma non è facile. Bisogna essere fortunati, chi li ha tende a conservarli questi scrigni di famiglia, ritenuti quasi più
preziosi delle fedi nuziali!
Tuttavia,
rovistando fra le scatole di carte miste mi capita di imbattermi in fogli
volanti che riportano ricette scritte a mano, magari in modo frettoloso e
essenziale, che mi fanno pensare ai fugaci incontri/scambi fra donne intente a
fare la spesa...
Trovo anche missive
in cui le ricette vengono calate all'interno di una comunicazione, fra un
saluto, un messaggio affettuoso... come la lettera che Giustina ha inviato (chissà
in quale anno, in un italiano stentato) alla sorella Palmira "avevi detto che avevi piacere imparare
a fare il caffè in liquore" e dopo averle descritto i passaggi della
ricetta si abbandona a un pensiero affettuoso per la nipotina "la Delfina se vuoi lasciarci fare un
sognetto lascia che lo faccia perché il viaggio è lungo e si straccherà"...
Recentemente
la mia amica Betta di Scortichino (FE), acuta e appassionata cuoca, entusiasta
sperimentatrice di ricette, mi ha fatto notare una triste pratica purtroppo
diffusa ai giorni nostri. Quella di fornire ricette incomplete: mancanti di
qualche ingrediente o troppo vaghe nella spiegazione dei diversi passaggi.
Mi ha
raccontato di una torta squisita che lei e un'amica avevano assaggiato.
Ottenuta la ricetta l'hanno provata entrambe per un totale di tre volte: quella
torta non è mai riuscita.
Restituiamo
alle ricette la magnifica funzione di far felici altre persone!
Hai ragione,
Betta, tu che sei il vero piacere dell'accoglienza e della condivisione.
Simona Vitali
Simona Vitali
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